Caffeina : Effetti – Dosaggio – Integrazione

Caffeina – chimica e fonti alimentari

Il vero nome della caffeina è 1,3,7-trimetilxantina, un alcaloide che presenta tre sostituenti metilici (tre gruppi CH3) a livello della sua struttura.

È un metabolita che si trova in numerose fonti alimentari, tra cui caffè, tè, cioccolato, guarana, Yerba Mate e in miscele come energy drink.

La maggior parte della caffeina è consumata abitualmente sotto forma di caffè, ma la quantizzazione precisa del suo contenuto in un estratto è molto difficoltosa, perché esiste una grande variabilità che dipende dalla qualità del seme, dal processo di lavorazione e dal tipo di estrazione: ad esempio, un caffè più lungo, stile americano, avrà un contenuto di caffeina maggiore rispetto a un espresso.

Assorbimento - metabolismo e distribuzione

Che provenga da integratori, o dagli alimenti, il primo distretto corporeo che la caffeina incontra è la bocca. Già a questo livello sembra che ci sia un minimo assorbimento (Thakur RA, et al. 2007), che si completa a livello intestinale. Dopo circa 45 minuti, la caffeina compare nel sangue e dopo un’ora ha il suo picco plasmatico.

Quando l’assorbimento intestinale è completo, questa molecola viene metabolizzata dal fegato, grazie al contributo di alcuni enzimi che fanno parte delle ossidasi del citocromo P450, generando tre metaboliti: paraxantina, teofillina e teobromina (Harland B, 2000).

La caffeina arriva efficacemente in molti tessuti, compreso il cervello, visto il buon volume di distribuzione (Fredholm BB, et al. 1999) dovuto alla sua lipofilia, ovvero capacità di solubilizzarsi nei lipidi. Per capire questo concetto, basti pensare che la membrana delle nostre cellule è principalmente formata da lipidi (fosfolipidi), quindi una sostanza della stessa natura può attraversarla più facilmente rispetto a una sostanza idrofila (solubile in acqua).

Infine l’escrezione avviene per lo più attraverso le urine e la sua emivita varia tra le 2 e le 5 ore.

Meccanismo di azione della caffeina

La caffeina si lega agli stessi recettori occupati dall’adenosina, un neuromodulatore con carattere inibitorio. Tra i due ligandi si instaura un meccanismo di competizione: quando la caffeina lega i recettori, spiazza l’adenosina che non può esercitare la sua azione. Questo fenomeno prende il nome di inibizione competitiva, un meccanismo di azione condiviso da numerosi farmaci.

In questo modo si perde l’azione inibitoria, a favore di uno stimolo di tipo eccitatorio (Ferré S, 2008), e non solo: la caffeina e i suoi metaboliti fungono anche da inibitori di fosfodieterasi, che convertono il cAMP in AMP. Il cAMP è un secondo messaggero che, tra le tante azioni che esplica, porta all’attivazione della PKA (proteina chinasi A), regolatore positivo (via fosforilazione) di molte vie cataboliche, ad esempio la scissione del glicogeno (riserva di carboidrati del nostro organismo) e la mobilitazione dei trigliceridi (Harland B, 2000).

Quindi avere più cAMP in circolo, equivale ad avere più attive le vie citate precedentemente.

Caffeina Effetti - Performance

La caffeina può migliorare la performance in diversi modi: innanzitutto agisce sul sistema nervoso centrale insieme a teofillina e paraxantina (Fredholm BB, et al. 1999), diminuisce l’utilizzo del glicogeno durante l’esercizio fisico, a favore della mobilitazione degli acidi grassi (probabilmente stimolando la produzione di noradrenalina) (Essig D, et al.

1980), aumenta la termogenesi (Astrup A, et al. 1990) e la produzione di b-endorfine (Grossman A, et al 1985).

Studi che hanno analizzato l’effetto della caffeina nell’endurance, hanno mostrato che il suo utilizzo migliora le prestazioni (Wiles JD, et al. 2006, Mcnaughton LR, et al. 2008, Ivy JL, et al. 2009), preservando l’utilizzo del glicogeno e agendo sul sistema nervoso centrale.

Uno studio di Trexler E.T. nel 2016 ha evidenziato possibili miglioramenti anche per sforzi anaerobici, in particolare su sprinter.

Per quanto riguarda l’aumento di forza massimale, non c’è in letteratura un’unica conclusione e i pareri sono discordati.

Lo stesso studio di Trexler ha fallito nel dimostrare un miglioramento della forza massima in esercizi per la parte alta e per la parte bassa del corpo, confermando gli studi precedentemente effettuati da di Astorino e Beck nel 2008 e nel 2006.

Altri studi (Goldstein ER, et al. 2010; Duncan MJ, Oxford SW. 2011, Duncan MJ, Oxford SW. 2012), invece dimostrano il contrario, riscontrando anche un miglioramento della sensazione di sforzo percepito e del dolore muscolare, probabilmente dovuto alla produzione delle b-endorfine.

L’eterogeneità dei risultati può trovare una spiegazione anche nella soggettività individuale dei soggetti esaminati, ad esempio soggetti con anzianità di allenamento maggiore hanno dato feedback migliori rispetto a soggetti meno allenati (Collomp K, et al. 1992), probabilmente perché un principiante non riesce a reclutare fibre motorie con la stessa efficienza di un avanzato.

Inoltre, ogni soggetto può sviluppare una tolleranza più o meno marcata in seguito all’utilizzo ripetuto della caffeina, oppure avere dei polimorfismi a carico degli enzimi metabolizzanti che diminuiscono di molto l’emivita in circolo, ritardando o diminuendo l’efficacia della supplementazione.

Caffeina – recupero e disidratazione

Nonostante sia nota per l’attivazione di vie cataboliche, molti studi analizzano proprietà della caffeina che vanno oltre lo scopo del suo utilizzo. Battraman nel 2004 dimostra come la caffeina non comprometta la sintesi di glicogeno successivamente a uno sforzo fisico, mentre Pedersen nel 2008, ha addirittura dimostrato un aumento del 66% nella resintesi di glicogeno in un gruppo di soggetti che consumavano carboidrati + caffeina, rispetto a quelli che consumavano solo carboidrati in seguito a uno sforzo fisico.

Inoltre, non ci sono evidenze certe sulla connessione tra caffeina e disidratazione durante l’esercizio, o cambiamenti allarmanti del bilancio dei fluidi, anche in soggetti che praticano allenamento di endurance (Fiala KA, et al. 2004, Roti MW, et al. 2006, Millard-Stafford ML, et al. 2007, Del Coso J, et al. 2009).

Caffeina – dosaggio e doping

Al di sopra di un certo quantitativo (12 mg/mL) nelle urine, la caffeina risulta essere superiore al limite consentito dalla WADA (Spriet LL, 1995; World Anti-Doping Agency. 2009).

Tuttavia, è da notare che tale valore lo si può riscontrare in seguito all’utilizzo di 9-12 mg/kg (dipende da fattori individuali), un’ora prima della performance (Graham, 2001), che per un individuo di 80kg corrispondono a 720-960mg. Ma ha senso arrivare a tale valore?

Uno studio (Pasman WJ, et al. 1995) ha comparato l’effetto di un introito di caffeina di 12, 9, 5 mg/kg e un placebo: tutti i dosaggi si sono dimostrati migliori del placebo nel miglioramento della performance di endurance, ma la dose di 13 mg/kg non dava effetti superiori di quella a 5 mg/kg. Analogamente dimostra Graham nel 1995, testando dosi di 3, 6, 9 mg/kg, non riscontrando grosse differenze tra la dose moderata e quella alta.

Quindi il miglior compromesso sembra essere l’utilizzo di un dosaggio che va dai 3 ai 6 mg/kg, che per un individuo di 80kg corrispondono a 240-480 mg, ben lontani dal range vietato dalla WADA.

Il timing di assunzione va dai 30’ ai 60’ prima di affrontare l’esercizio fisico, da sola o insieme ad altre componenti a costituire una bevanda pre-workout.

Caffeina anidra o Caffè?

L’effetto della caffeina sembra essere maggiore quando la si assume al suo stato anidro (capsule, polvere), rispetto al caffè classico, probabilmente perché all’interno di quest’ultimo possono co-estistere diversi fitocomposti che ne smorzano l’effetto. Il caffè è una matrice eterogenea e come tale è formata da tantissime molecole diverse, tra cui gli acidi clorogenici, i quali sembra che alterino l’effetto della caffeina nella sua azione di antagonista adenosinico (de Paulis T, et al. 2002).

Inoltre la caffeina anidra è più facilmente quantizzabile rispetto alla tazzina classica per i motivi espressi nel primo paragrafo.

Caffeina Effetti Collaterali

La caffeina è la molecola farmacologicamente attiva più abusata sul mercato. Le persone assumono caffè per ‘’tirarsi’’ su fino al punto in cui si sviluppa tolleranza e l’effetto non si manifesta più. Di conseguenza aumentano il numero di caffè consumati e il circolo si perpetua all’infinito.

Tuttavia, ben contestualizzata è un integratore che può trovare impiego per brevissimi periodi in caso di deprivazione del sonno (esempio, lavori notturni) o durante attività che richiedono alta allerta e vigilanza, o ancora per atleti che affrontano un periodo di stress dovuto anche a fattori extra-allenamento e che non possono permettersi un deload.

Nel caso in cui ci si trovi in una sindrome da affaticamento surrenalico, la caffeina non è consigliata.

A livello metabolico, grazie alla stimolazione catecolaminergica, in associazione a un deficit calorico (Goldstein ER, et al 2010) l’impiego della caffeina può essere di aiuto in un contesto di dimagrimento, anche perché contribuisce a ritardare il calo della performance spesso associato alla dieta ipocalorica.

Tuttavia, l’effetto catecolaminergico che porta alla maggiore mobilitazione di acidi grassi non assicura assolutamente la perdita di peso se l’organismo non è inserito in un contesto favorevole a questo scopo.

Gli effetti collaterali noti sono tachicardia, ansia, tremori, insonnia e disturbi gastrointestinali.

In linea generale, in soggetti sani, un consumo moderato è ritenuto sicuro, mentre per soggetti con patologie, in particolare a carico dell’apparato cardiovascolare, è opportuno il parere del medico.

Il consiglio generale può essere quello di evitare l’assunzione nelle ore serali per non disturbare i ritmi circadiani del sonno e di valutare la soglia di tollerabilità individuale alla quale non si avvertono sides particolari.

Tabella riassuntiva

 Dose: 3-6 mg/kg, 30-60 minuti prima dell’esercizio fisico

Obiettivi: integratore utilizzato al fine di migliorare la performance e il focus in allenamento e l’attenzione nelle attività quotidiane. Spesso utilizzato come fat burner in associazione a dieta ipocalorica.

Benefici: miglioramento della performance, miglioramento del focus, minore senso di fatica durante l’allenamento, maggiore utilizzo dei grassi, migliore sintesi di glicogeno in seguito all’esercizio.

Potenziali sides: in base alla soglia di tollerabilità individuale è possibile che si manifestino disturbi a carico dei ritmi circadiani del sonno se presa in prossimità delle ore serali, tachicardia, tremori, ansia, disturbi gastrointestinali tossicità a dosi molto elevate. Sconsigliata nelle sindromi di affaticamento surrenalico

Questo articolo è a cura del Dr. Lorenzo Candela

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