Perché alle zebre non viene l’ulcera? – Robert Sapolsky : Recensione Libro

Robert Sapolsky è uno dei miei autori preferiti, ed il libro Behave di cui ho parlato IN QUESTO POST è uno dei miei preferiti in assoluto.

Oggi vi parlo di un suo precedente libro : Perchè alle zebre non viene l'ulcera ?

In questo libro dal titolo comico, il professore affronta il discorso dello stress, specialmente dello stress cronico, da un punto di vista biologico, evolutivo e comportamentale spiegando come gli essere umani non si siano evoluti per tollerare stress cronici di media intensità ma stress acuti anche di alta intensità ma che poi cessano rapidamente e facendolo spiega in maniera chiarissima e comprensibile da tutti gran parte della fisiologia dello stress  e i suoi effetti a breve e lungo termine sul corpo e sulla mente.

La società moderna con i suoi ritmi frenetici, le convezioni sociali, le aspettative da mantenere, le preoccupazioni quotidiane, l'incertezza del futuro, del lavoro, il dover essere sempre competitivi etc... ci fornisce un'enorme quantità di stress cronico di intensità non così alta da ammazzarci subito ma così persistenti nel tempo da corroderci piano piano portando all'insorgenza di tante patologie che fine a qualche decennio fa erano molto più rare.

Con il suo classico stile sagace, ironico e saggio Sapolsky ci fornisce una panoramica generale di questi stress, le loro cause, la loro natura intrinseca con la società moderna e quali potrebbero essere alcune delle soluzioni per gestirlo al meglio in un libro che resta tra i miei preferiti in assoluto e che consiglio di leggere a chiunque, scritto con uno stile molto colloquiale e leggero che rende gli argomenti scientifici, trattati sempre con metodo e scientificità massime, fruibili da tutti anche da chi non ha una grande conoscenza sui temi trattati.

Qui il link del libro in italiano :

Di seguito riporto un estratto che mi ha particolarmente colpito :

La premessa del libro è che noi umani, specialmente noi occidentali, abbiamo  scoperto delle fonti di emozioni negative davvero strambe - preoccuparsi e essere tristi per eventi unicamente psicologici che sono distribuiti nel tempo e nello spazio. Ma noi umani occidentali abbiamo anche architettato strane fonti di emozioni positive.

Un tempo, durante un concerto di musica di organi da cattedrali, come mi sedetti a farmi travolgere da quello tsunami di suoni e farmi venire la pelle d'oca,   mi girava in testa un pensiero fisso - in passato, per una persona del medievo,
quello deve essere stato il suono prodotto dagli uomini più potente di cui potessero fare esperienza, qualcosa che doveva essere di super ispirazione in modo che noi non possiamo immaginare.

Nessuna sorpresa che la religione li utilizzasse per accumulare offerte.

Ed adesso, siamo costantemente mitragliati con suoi al cui cospetto gli organi delle cattedrali impallidiscono. Un tempo, i cacciatori-raccoglitori potevano imbattersi in una miniera d'oro cioè il miele e così potevano soddisfare unodelle voglie di cibo più potenti.

Ora noi abbiamo centinaia di cibi progettati e designati e pubblicizzati pieni di zuccheri a rapido assorbimento che causano un'esplosione di sensazioni che non può essere pareggiata da nessun semplice cibo naturale.
Una volta, che influenzate da considerabili privazioni ed eventi negativi, offriva anche una serie di piacere nascosti e spesso duramente ottenuti.

E noi adesso abbiamo droghe che causano spasmi di piacere e incrementi di dopamina di migliaia di volte superiori a qualsiasi cosa il nostro mondo reale - senza droghe- può offrici.

Peter Sterling ha scritto brillantemente su come il piacere è diventato così circoscritto e artificialmente forte. Il suo pensiero si incentra sul fatto che le nostre via anticipatorie del piacere sono stimolate da molte cose diverse.

Per far si che funzionino, queste vie devono rapidamente abituarsi, devono de-sensibilizzarsi a qualsiasi data fonte che le ha stimolate, in modo da essere preparate a risponde al prossimo stimolo. Ma in maniera innaturale, grosse esplosioni di esperienze e sensazioni e piacere sintetiche evocano innaturali gradi di forte abitudine.

Questo ha due conseguenze : la prima è che presto inzieremo a non notare più facilmente i piccoli piacere dati dalle foglie d'autunno o dallo sguardo della giusta persona, o dalla promessa di ricompensa che viene dopo un duro, difficile ed onorevole compito.

L'altra conseguenza è che, dopo un pò, addirittura ci abituamo a questa valanga di intensità.

Se fossimo solo delle macchine di regolazione omeostatica, allora consumando di più dovremmo desiderare di meno. Ma invece, la nostra tragedia è che diventiamo sempre più affamati.
Di più, più veloce, più forte.
"Ora" non è più tanto buono di quanto lo sia stato prima, e non sara più sufficiente domani.