Intervista – Manuel Salvadori – Presente e Futuro della nutrizione

Oggi ho il piacere di intervista Manuel Salvadori, amministratore di VivereinForma, nutrizionista ed imprenditore. Abbiamo parlato della figura del nutrizionista, quale futuro aspettarsi per questo lavoro, della differenza nella mentalità imprenditoriale tra italia e USA, e della fotografia del settore fitness italiano al momento.

Ciao Manuel e grazie per aver trovato tempo per questa intervista!
Ci fai un’introduzione sul tuo percorso di studio e carriera lavorativa fino ad oggi ?

Ciao Domenico, grazie a te per quest’opportunità. Il mio percorso di studi si compone di una laurea     triennale in Dietistica (SNT/3), la magistrale in lingua inglese Nutrition and functional foods (LM-61)             e un corso di perfezionamento come Project Manager di start-up presso l’Istituto Adriano Olivetti.

Come è nato il progetto Vivere in Forma ? Come vorresti svilupparlo in futuro ?

vivereinforma è nato anni fa come un progetto di divulgazione scientifica da un’idea di Vincenzo Tortora; io venni contattato in seguito.

Quando misi a frutto le mie conoscenze economiche, vif divenne una start-up innovativa, cioè un’azienda che in gergo poco tecnico - ma efficace - “spende una considerevole parte del suo fatturato per l’innovazione scientifica”. La nostra attività si è sempre focalizzata su due rami:

Da una parte la creazione di un team di alto livello, la divulgazione scientifica tramite articoli e coaching online per atleti professionisti e non;

Dall’altra la ricerca e lo sviluppo di wearable tecnologici, su cui stiamo ancora lavorando in collaborazione con un Hub di investimenti di Ascoli Piceno, che possano rappresentare un’innovazione nel settore degli indossabili.

Per quanto riguarda lo sviluppo futuro, abbiamo interrotto la pubblicazione di materiale in quanto è diventata pratica molto comune, richiedendo ormai grossi investimenti per raggiungere un pubblico significativo che giustifica il tempo che abbiamo sempre speso nella realizzazione di materiale. Ci stiamo perciò focalizzando sulla creazione di un network e sulla ricerca di partnership per creare una realtà nuova, che possa uscire dal mondo di Facebook e incidere veramente nella vita delle persone.

Sei stato negli USA e ti sei confrontato con il loro mondo del lavoro ed il loro modo di fare impresa. Che differenze principali hai riscontrato rispetto all’italia?

Onestamente non credo si possa parlare nemmeno di differenze. Come quando si diceva alle elementari che non è possibile sommare pere e mele, così io non sono realmente in grado di paragonarti la realtà aziendale innovativa – poiché quella ho visitato – a quella italiana.

Credo di poterti inquadrare un fattore principale: la mentalità. In Italia parlare di soldi è sempre un reato – immagina di entrare in un bar e chiedere al primo passante che incontri “quanto guadagni al mese?”. Nella Silicon Valley vige il detto “cash is king” o anche “cash is cash, everything else is not cash” – c’è un drive molto marcato per la ricerca del guadagno e del successo, con un clima di collaborazione elevatissimo.

Persino i Guru, di cui gli americani sono davvero pionieri senza avversari, collaborano tra loro senza scagliarsi in futili liti continue. Questo atteggiamento credo descriva alla perfezione il motivo per cui in alcuni settori non potremo mai rivaleggiare: semplicemente perché siamo diversi. Abbiamo un hummus culturale alle spalle completamente diverso, veniamo cresciuti con valori differenti e pertanto non avrebbe neanche senso ispirarsi ad una cultura così estranea. Anche quando si parla di controcultura americana e di movimenti italici di ispirazione a essa, non si può pretendere che affondino le radici nello stesso sentimento comune.
In pratica, ti riassumo dicendo che l’atteggiamento americano è molto target-oriented, cioè mirato al raggiungimento dell’obiettivo finale (molto spesso il cash). Poi sicuramente ci sarà chi dirà “Io ci sono stato e non è così…”, e questa tipologia di persone risponde a come descriverei invece l’atteggiamento nostrano. J

Come giudichi l’ambiente Fitness italiano al momento ? Il livello medio sia degli utenti che dei professionisti ? Come credi si evolverà nei prossimi anni ?

Devo dire che vivo l’ambiente del fitness italiano un po’ dall’esterno – nel senso che non sono molto partecipe nella vita online quotidiana. Quello che vedo è che la tendenza alla ricerca del Guru sta un po’ scemando, a vantaggio della ricerca dell’informazione.

Tuttavia penso che siamo completamente fuori strada dal punto di vista del “fare la differenza”. La mia attività ambulatoriale mi porta a vedere un enorme numero di soggetti settimanalmente che finiscono per manifestare un po’ quella che è l’intellighenzia di chi frequenta la palestra: ebbene l’effetto è che le innumerevoli fonti di informazione stanno avendo come risultato una confusione sempre maggiore e si finisce a preferire chi è più simpatico.

Tra siti di bufale, cure col bicarbonato, bicipiti grossi senza sforzo e così via ci stiamo forse perdendo il dibattito attualissimo delle fake news, con cui probabilmente il fitness ed il mondo della divulgazione dovrà scontrarsi con forza.

Quale credi sia il percorso universitario più formativo per gli aspiranti nutrizionisti ? Credi che prepari adeguatamente ? Consigli di fare eventuali Master dopo ?

A mio parere il percorso formativo più esaustivo per chi vuole fare il nutrizionista è: Dietistica come triennale, Scienze della nutrizione come magistrale. Dietistica ha come vantaggio il portarti in ospedale, mettendoti a contatto con la realtà di molti pazienti e insegnandoti ad interagire con loro in maniera umana.

Ovviamente Scienze della Nutrizione perfeziona le tue conoscenze in ambito scientifico e ti fornisce grosse basi qualora scoprissi di essere interessato anche all’ambito della ricerca. Aggiungerei anche una triennale in Scienze Motorie, dato che non dev’essere ammissibile un nutrizionista che non sappia come funziona lo sport e quali effetti abbia sul corpo umano e sul metabolismo.

Quali ambizioni e percorsi lavorativi dovrebbe perseguire secondo te un giovane che intraprende un percorso di studi di almeno 5 anni per diventare nutrizionista ? In quali campi sfrutterebbe davvero quello per cui ha studiato ?

Domanda molto complessa. Devo dire che la figura del nutrizionista non viene ancora pienamente valorizzata nelle sue competenze tecniche – quanto più in quelle psicologiche.

Se si è animati da passione verso la biochimica e la fisiologia quasi sicuramente la strada migliore sarebbe quella di un dottorato e poi della ricerca. Utilizzare le proprie conoscenze in campo fisiologico significa muoversi in ambiti molto specialistici e ancora poco battuti, come la nutrizione oncologica e la preparazione al bodybuilding, in cui ci sono molteplici dettagli che fanno la differenza e una motivazione fuori dal comune nel perseguire il risultato.

Credi ci sia una discrepanza tra la formazione universitaria e la realtà pratica, le competenze pratiche richieste ai nutrizionisti ? Secondo te non è eccessivo, anzi forse la parola adatta è “svilente”, sostenere che sia necessario un percorso di studi di almeno 5 anni per diventare nutrizionista con laurea magistrale per poi consigliare alle persone di mangiare meno dolci e fritture e più verdure ? La reale nutrizione in cui si applicano le conoscenze è la clinica ?

Sì, come accennato nella risposta precedente, c’è un gap molto elevato tra la teoria clinica che si studia in università e ciò che poi si va ad applicare.

Molto spesso non è importante quanto tu sia preparato, è molto più importante l’aspetto psicologico motivazionale o il “far perdere peso” in maniera veloce.

Nessun nutrizionista ammetterà volentieri questo fatto, ma molta della sua preparazione clinica nel paziente fisiologico è quasi del tutto inutile, perché risulta essere un gioco di incastri con la volontà dell’altro e quasi mai un diktat.

Molto spesso finisce come dici tu, ad usare i tuoi titoli, le tue docenze e le tue lauree per convincere le persone a friggere meno e condire di meno.

Il che per qualcuno può essere una grande vittoria, qualcuno che ha “la missione” dentro – diciamo; intendo dire che chi ha la vocazione di aiutare gli altri sicuramente vedrà come un successo enorme il convincere qualcuno a vivere una vita più sana, ma ragionando in termini strettamente scientifico-razionali non servono le conoscenze accumulate negli studi in quell’ambito, ma solo la capacità di saper convincere.

Come definiresti il lavoro di nutrizionista ? Cosa dovrebbe fare un nutrizionista ? Quali sono le qualità che dovrebbe avere ?

Allo stato attuale delle cose il lavoro del nutrizionista consiste nel prendere per mano il paziente e guidarlo con pazienza attraverso la giungla dell’informazione e delle sue abitudini. C’è un risvolto psicologico forte nell’entrare in rapporto con la persona e creare una fiducia sufficiente ad accettare il cambiamento, così come bisogna essere molto delicati nel capire quali tasti premere – quali cambiamenti imporre (perché di imposizione si tratta) e quali di questi cambiamenti hanno bisogno di più tempo rispetto ad altri.

Credi che la nutrizione sportiva sia davvero una branca a parte, o è fondamentalmente marketing ?

La nutrizione sportiva è sicuramente un ambito molto più di nicchia di quanto non si voglia farlo passare.

Ho già speso delle parole per descrivere l’ambito che più vedo funzionale in termini di nutrizione sportiva: il bodybuilding avanzato, dove l’individualità conta talmente tanto che cambiare da broccoli ad asparagi può fare la differenza per un soggetto che accumula ritenzione.

Laddove invece uno spostamento del genere in una persona poco motivata avrebbe come risultato semplicemente quello di dire “okay, perfetto” e poi mangiare cicoria ripassata in padella con olio.
Per quanto riguarda discipline più particolari come la pallavolo/calcio, molto spesso si tratta di giocare coi carboidrati e poco più.

Quali sono secondo te i miti in ambito della nutrizione più deleteri che ancora oggi persistono ?

Non credo abbia più senso parlare di “miti”. Un problema reale non è che la gente pensa che la colazione sia fondamentale, lo è molto più il problema della sovrabbondanza di informazioni che piovono da ogni fonte, anche poco accreditata.

La capacità di saper parlare si è sostituita alla capacità di saper fare anche nell’ambito medico (ma non è pratica del tutto nuova, qualcuno si ricorderà dei venditori di panacee derivate dal veleno di serpente che tanti film hanno parodizzato) in un contesto sociologico in cui la comunicazione online rende la viralizzazione molto più efficace.

Il problema sta nella quantità di informazioni che si possono reperire, non più in una specifica tipologia.

Quali saranno secondo te le “scoperte” con reali applicazioni pratiche in ambito nutrizionale da aspettarci per il futuro ?

Una parola su tutte, sicuramente la nutrigenomica avanzata personalizzerà completamente l’alimentazione rendendola super specialistica. In quel momento non si potrà più rispondere “Dipende” come scherza sempre Andrea [Biasci ndr], ma avremo una mappatura completa degli SNPs della persona e le sue risposte ai vari componenti bioattivi.

Tra 10 anni esisterà ancora la figura nel nutrizionista così come la conosciamo oggi ? Quanto credi che la tecnologia e l’automazione influenzeranno questo campo?

Sono uno dei più pessimisti a cui puoi chiedere una cosa del genere! Sono quasi certo che l’incredibile automazione a cui stiamo assistendo, assieme alle scoperte in campo nutrigenomico e metabolomico, renderanno la figura del nutrizionista praticamente pari a quella di uno psicologo o di un coach motivazionale, se non per ambiti davvero di nicchia come la preparazione sport specifica (bodybuilding in primis).

Come vedi il futuro del settore Fitness in Italia ?

A questa domanda non so rispondere, vivendolo come ti ho detto dall’esterno – dalla realtà ambulatoriale. Devo dire che sicuramente vedo all’opera la creazione di un giro di persone/personaggi che si supportano a vicenda e che spingono molto sulla condivisione di contenuti. I ragazzi del Project ne sono un esempio lampante.

Ciò che sta facendo Andrea è un progetto ad ampissimo respiro e che mira a fornire una tipologia di informazione che possa essere qualitativa ma fruibile, oltre a tirarne fuori una realtà imprenditoriale che andrà a colmare un vuoto lasciato da diverse realtà passate. Temo il problema sarà sempre più la sovrabbondanza di informazioni e la possibilità che Facebook dà a chiunque di esprimersi su un determinato campo, anche fuori dalla sua formazione.

E da imprenditore come vedi il futuro dell’economia e dell’Italia in generale ? Anche a fronte della tua esperienza negli USA ?

Sono abbastanza convinto che diverse regioni stiano muovendo dei passi davvero concreti. Le Marche sono una regione molto attiva dal punto di vista delle start-up e degli investimenti sui giovani, anche grazie all’attività congiunta di quattro splendide realtà come The Hive, Hub21, JCube e BPCube. Anche regioni come il Piemonte e la Lombardia si stanno mobilitando per favorire l’innovazione. Insomma, margini di miglioramento ce ne sono; nel nostro paese più che in altri. Il problema del mindset, invece, resta. A mio modo di vedere, c’è un generico “popolino” di cui tutti parlano ma a cui nessuno dice di appartenere fossilizzato su una idea di competizione e di sviluppo molto “paesana”, una sorta di mors tua vita mea che in imprenditoria diventa valido ad alti livelli, non tanto agli inizi – in cui il networking e le collaborazioni la fanno da padrone.

Ma ovviamente questo è solo il parere di un 27enne che è in questo mondo da circa 2 anni e mezzo, e come tale va interpretato.

Se fossi un giovane appena uscito dal Liceo, con la tue esperienza attuali ed il senno di poi, cosa faresti? Che percorso intraprenderesti?

Sicuramente tornando indietro farei Medicina come laurea iniziale e poi mi butterei nell’imprenditoria del settore medicale, sicuramente uno dei settori più floridi al momento, insieme ad IoT e Big Data. Ma col senno di poi… J

Siamo alla fine di questa intervista. Hai un aforisma che vuoi condividere che rispecchia il tuo pensiero?

“Credo che questo sia il miglior consiglio: pensa sempre a come si potrebbero fare le cose meglio e metti in discussione te stesso.”

 

Grazie ancora del tempo dedicato, ed in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti!